Monday, July 04, 2005

Vita e opere di un grande romantico

a) Primi passi

Quando viene al mondo l’8 giugno del 1810 a Zwickau, ridente paesino della Sassonia, Robert Schumann è solo l'ultimo componente di una famiglia già numerosa che conta ben cinque figli. Il papà August è un libraio-editore che pubblica edizioni tascabili di grandi classici, mentre la mamma Christiane si diletta a suonare il pianoforte in modo egregio.
Sin dalla prima infanzia sono due le passioni che Robert coltiva: la letteratura e la musica.
Da una parte, il padre lo guida nei meandri più reconditi del romanzo e della poesia, dall’altra, la madre lo avvicina alla bellezza della musica. Il fanciullo assorbe tutto quello che legge e studia come una spugna assetata di sapere, rivelando in entrambi i campi un sorprendente talento.
A nove anni, il padre lo conduce nella vicina Karlsbad ad ascoltare un concerto del virtuoso praghese Ignaz Moscheles. Robert ne rimane impressionato e inizia così a studiare il pianoforte, che, col tempo, diverrà il più prezioso compagno della sua vita.
Intanto, continua a “nutrirsi” con autentica passione di letteratura e poesia: Byron, Tieck, Novalis e soprattutto Jean Paul Richter, entrano a far parte della cerchia di autori che ama leggere e rileggere più volte.
Nei racconti fantastici di Richter, Schumann ritrova proprio se stesso e l’indissolubile fusione tra sogno e realtà, che trasfigura avvenimenti privi d'interesse, in storie intriganti e fantastiche.
I capolavori letterari di Jean Paul (tra gli altri: Espero - 1795, Titano - 1800, Flegeljahre - 1805) si opponevano, com’è noto, al classicismo di moda a quel tempo - quello di Goethe per intenderci - prefigurando la lotta che Schumann e la sua futura Lega di Davide avrebbero condotto negli anni successivi contro i cosiddetti “accademici e filistei del mondo culturale e musicale tedesco”.
A soli dodici anni, Robert vuole imitare (l'amato) Jean Paul in raccolte di componimenti poetici e saggi sull'arte. Nel diario giovanile scrive: "Dolce e santa natura, lasciami camminare tra le tue braccia, conducimi per mano come un infante".
La natura appare poi come il terzo elemento che con la poesia e la letteratura, influenzerà in modo determinante il suo carattere. In essa, tutte le opposizioni si conciliano, raggiungendo una sorta di primigenia armonia nella quale il suo Ego riesce a fondersi completamente nella totalità dell'Essere.

b) L’adolescenza e i dubbi

L'adolescente-Schumann vive in modo inconsapevole la filosofia romantica di Schelling, trovando nella sua dolce interiorità il sentire lirico che lo unisce a quel vagheggiato mondo naturalistico. La sua musica nasce dalle risonanze più intime di quelle atmosfere letterarie respirate in gioventù.
Egli è mosso da una visione panteistica, dove Dio e Natura s’identificano. Dio è presente in ogni angolo dell'universo e dell'uomo che ne è parte integrante. Egli cercherà di esprimere questo ed altro con la sola forza della sua musica.
A tredici anni, Robert forma una piccola orchestra con i compagni di studio del liceo; a quindici, fonda un piccolo circolo letterario. Sin da allora riconosciamo in lui la tendenza ad un frenetico attivismo, che si alterna a preoccupanti “cadute” psicologiche, per non dire psicotiche. Il suo percorso scolastico come allievo del liceo di Zwickau non risulta, poi, così brillante.
E mentre la madre - donna di severo pragmatismo - vede negli interessi artistici del figliolo aspetti solo secondari della sua personalità, il padre, scrittore mancato ma inguaribile idealista e appassionato d'arte, cerca di offrirgli le migliori opportunità.
Dopo averlo fatto studiare privatamente con l’Arcidiacono Döhner e con l’organista Johann Gottfried Kuntzsch, scrive a Carl Maria von Weber, affinchè voglia accettare Robert come suo allievo.
Il celebre operista – forse, troppo occupato a comporre i suoi capolavori - rifiuta.
Nel 1825 la sorella Emilie, affetta da una grave forma di demenza precoce e oppressa da un irreversibile autismo, annega suicida. E’ solo il primo di una serie di lutti familiari che travolgeranno la fragile psiche del musicista tedesco. Nel 1826 muore anche suo padre.
Nonostante la costituzionale ipersensibilità ed i primi timidi tentativi come musicista e poeta, egli non possiede il dono innato del genio. Non è, per intenderci, un Mozart o un Beethoven. Il suo talento si manifesta gradatamente e sempre con una notevole dose di sacrificio ed applicazione.
D'altra parte, la madre desidera fortemente che lui possa un giorno intraprendere una carriera da avvocato e vorrebbe che studiasse diritto a Lipsia; ma tale disciplina, troppo arida per la sua indole artistica, lo scoraggia, così come l’idea di recarsi in una città così caotica e ben lontana dal suo vitale contatto con la natura.
A tale proposito, è interessante riportare, quanto lo stesso Robert scrive di sé:

"Talento per molte cose, nessuno per altre. Temperamento malinconico. Senso artistico: attitudine a provare sentimenti molto più che a osservare; nei giudizi è più soggettivo che oggettivo. L'emozione gli è più propria che non lo sforzo. Per capire le cose, preferisce abbandonarsi al suo istinto, anzichè riflettere. La sua intelligenza è più astratta che pratica. La sua immaginazione è robusta, rivolta all’interno, ma cerca spesso la sua ispirazione al di fuori. Quest'uomo, che possiede sagacia, senso artistico, ottima memoria e scarsa ironia, è votato più all'arte che non alla speculazione. Come uomo si distingue per il gusto, il tatto, la mancanza di timidezza, per la forza di spirito, l'amabilità, le doti artistiche. Quando vuole piacere, sa piacere. Fermo con i forti, è distaccato con i mediocri, ama burlarsi di loro, ma sa anche tenerseli legati. Non è geniale. La lotta gli è estranea, inoltre preferisce sognare in silenzio. E' religioso senza religione. Ama gli esseri e non teme il Destino. Vorrei dipingere il suo animo, ma ahimè, non lo conosco completamente: è infatti circondato da un velo impenetrabile, che solo gli anni potranno scoprire (…)"

L’implacabile autoritratto che Schumann traccia di sè, non appartiene forse a quello di un futuro uomo di legge. Eppure, egli, pur contrariato, va a Lipsia per seguire il corso universitario di giurisprudenza, cercando di evitare al massimo la quotidiana vita studentesca e le sue tipiche goliardie così lontane dal suo sensibile e poetico animo: la musica, intanto, è diventata l’unica ragione di vita! In essa egli s’isola completamente dal mondo esterno: "Esco poco, tanto sono disgustato dalla meschineria e dalla grettezza delle idee di questo mondo egoista! – scrive - Cos'è questo mondo abitato dagli uomini? Un immenso cimitero di sogni vani, un campo di morte, un giardino piantato con cipressi e salici piangenti, un caleidoscopio muto con figure in lacrime".
In questa così poco amata città, dove abita una piccola stanza, che a malapena ospita il letto e il pianoforte, egli può migliorare la sua cultura musicale, ascoltando i concerti che regolarmente si tengono nella sala del Gewandhaus e soprattutto aspirare a diventare un giorno l’allievo prediletto del più noto professore di pianoforte della città: Friedrich Wieck.
Robert scopre, solo allora, di non essere un autentico concertista e di non saper comporre, se non per istinto. Incerto, se intraprendere la carriera di esecutore o quella di compositore, ma più propenso alla prima, sceglie infine di sottomettersi alla selettiva scuola pianistica di Wieck.
Nel 1829 interrompe improvvisamente gli studi giurisprudenziali, sopraffatto dal chiassoso ambiente urbano di Lipsia, per recarsi nella più tranquilla Heidelberg, da dove poi decide di partire per un lungo viaggio in Italia.
Egli era poco sensibile alla pittura ed all'architettura. E viaggiare, si sa, è un po' come cercare se stessi attraverso il continuo mutare dei luoghi. L’Italia non lo affascina quasi per niente, così come precedentemente non lo avevano colpito più di tanto le bellezze medievali e rinascimentali di alcune storiche città tedesche.
A Milano, egli riesce ad ascoltare al teatro alla Scala la celebre cantante Giuditta Pasta in un'opera di Rossini; a Venezia, è derubato dei pochi danari che ha in tasca. A quel punto, abbastanza sconsolato, decide di far ritorno nella più “accogliente” Heidelberg.
In una lettera a Wieck si rivela, ancora un volta, il suo carattere di perfetto sognatore romantico: "Se sapeste quale ardore e che ribollire dentro di me; e come sarei già all'opus 100 delle mie sinfonie, se solo le avessi scritte! Ci sono dei momenti in cui la musica mi possiede completamente (…)".
Nel 1830 Schumann assiste ad un concerto del famoso violinista italiano Niccolò Paganini a Francoforte; e forse proprio questa seducente esperienza d’ascolto lo porta alla decisione definitiva, irrevocabile.

c) La scelta

Da due anni egli si trova ormai di fronte ad un bivio: da un lato la solida professione borghese, quella giuridica, per la quale però non sente alcun particolare trasporto; dall'altro, l'avventura musicale, da affrontare oltretutto ad un'età abbastanza avanzata.
Ora, finalmente, anche quel nodo sta per sciogliersi. Schumann decide per la strada più “rischiosa”, ma che sente decisamente più affine: la musica. Comunica la sua scelta in una lettera alla madre. Ella rimane certo avvilita da un’opzione così aleatoria per il suo futuro, ma poi alla fine accetta la scelta di Robert. Ecco, per sommi capi, il testo della missiva a lei indirizzata:

"Tutta la mia vita è stata una lotta durata vent'anni, tra poesia e musica; nella vita pratica, come nell'arte, ho avuto per sostegno il più alto degli ideali. Quest'ideale consisteva appunto in un lavoro pratico e nella speranza di lottare con successo in una vasta sfera di attività. Ma che speranze d'avvenire ci sono in Sassonia per un povero diavolo, senza protezioni, nè grandi ricchezze, alieno dall'onore inveterato per la mendicità avvocatesca e il gusto per la lotta, indispensabile per guadagnare qualche soldo? (...)
Se resto fedele alla musica, bisogna senz'altro che lasci Heidelberg per ritornare a Lipsia. Lì ritroverò Wieck che gode di tutta la mia fiducia, che mi conosce e che può valutare le mie forze; egli potrebbe finire di perfezionarmi. Più tardi bisognerebbe che passassi un anno a Vienna per studiare, se fosse possibile, con Moscheles. Ti renderai conto che questa lettera è la più importante di quante ne abbia mai scritte e che mai più scriverò. Esamina dunque la mia preghiera, senza serbarmi rancore, e dammi una risposta prestissimo; non c'è più tempo da perdere" (Robert)

E' un momento decisivo per la sua vita futura. Quest’ultimo scritto ce ne mostra il carattere attento ma quasi timoroso. E' inoltre evidente - dal tono della lettera - l'antitesi tra l'idealismo romantico del padre ed il senso pratico della madre, che “drammaticamente” coesistono nel giovane Robert e si concretizzano da un punto di vista artistico in due ben distinti periodi: il primo, caratterizzato da un’ inveterata ribellione; il secondo, dalla smania di trovare solide strutture stilistiche e formali, in cui incanalare il proprio discorso musicale.
Nel frattempo, egli continua a ricevere le lezioni di pianoforte da Wieck, lavorando con abnegazione e sforzo notevoli per migliorare la sua tecnica pianistica. Il maestro ne apprezza l’impegno, indirizzando l’allievo allo studio delle opere di Bach e Beethoven e assai meno di quelle dei musicisti assai in voga a quel tempo, come Moscheles, Hummel e Kalkbrenner.
Robert studia impegnandosi allo spasimo. La volontà, del resto, non gli manca. Ben presto, però, il noioso e meccanico ripetersi degli esercizi tecnici sul pianoforte incide sul suo morale, rendendolo nervoso ed insoddisfatto.
Provocato proprio dall'ansia di affrettare i tempi per raggiungere l’agognato successo, accade l'episodio che sanziona, in modo abbastanza assurdo, la fine di una potenziale carriera di concertista.
Schumann si fascia l'anulare della mano destra nell'intento, mentre suona, di migliorarne l'articolazione; a tale rischioso obiettivo è rivolta anche la sua Toccata op. 7, scritta proprio in quel periodo. Il risultato è disastroso: liberato, il dito si rivela praticamente paralizzato, continuando ad esserlo nonostante le cure cui febbrilmente si sottopone. A quel punto, non gli resta in ambito musicale che un'ultima possibilità: la composizione.
Col tempo intorno a questo episodio, si sono espresse le ipotesi più fantasiose e disparate, che non staremo qui inutilmente ad elencare. D’altro canto, l’Ottocento fu un secolo di idee puritane e molto spesso ci si rifiutava di associare a figure di grandi artisti e compositori, episodi sconvenienti o che comunque potessero minarne la fama.
Vanno ricordati, a tale proposito, quali emblematici esempi di questa davvero particolare consuetudine, le radicali censure apportate alle lettere di Mozart e ai quaderni di conversazione di Beethoven (metà dei quali materialmente distrutti da Schindler, poichè avrebbero deturpato la biografia del musicista tedesco).
Il caso Schumann, pertanto, aveva dunque i suoi illuminanti e illustri precedenti!
Intanto Robert riceve lezioni di armonia da Dörn, un teorico severo ed instancabile con cui analizza le fughe del Clavicembalo ben temperato di Bach. Ben presto però lascia anche questo maestro, per il quale "la musica non è fatta che di fughe", per continuare da autodidatta a studiare i capolavori di Bach, Beethoven e Schubert.
In particolare, matura in lui una straordinaria passione per Bach, che lo affascina oltremodo per l’intrinseca natura della sua musica, a suo dire, così “mistica e trascendentale”.
La cosiddetta Bach-Renaissance, del resto, venne fuori proprio in quegli anni e si accrebbe in modo assai significativo proprio a Lipsia, dove il celebre compositore aveva vissuto ed operato per molti anni. Un aspetto che sempre accomunerà Schumann e Felix Mendelssohn Bartholdy sarà proprio la comune, devota ammirazione per Bach, ricchissima, peraltro, di riconoscibili influenze sulle composizioni di entrambi i compositori.
L'instabilità psicologica di Schumann viene intanto confermata dalla richiesta avanzata a Wieck, e subito violentemente respinta al mittente, di recarsi a studiare per un certo periodo da Hummel.
Nel frattempo, il catalogo delle composizioni è già stato inaugurato con le Variazioni sul nome Abegg op. 1, scritte ad Heidelberg nel 1831, seguite poi dal capolavoro di questa prima fase: i Papillons op. 2, ispirati, guarda caso, proprio al Flegeljähre di Jean Paul Richter.
Per tutto quel fecondo decennio (1830 – 1840) Robert si dedica con incredibile ostinazione al solo pianoforte; i primi ventitré numeri d'opera sono, infatti, “pensati” e scritti tutti per questo strumento. La presenza ossessiva del pianoforte è destinata, dopo il fatidico 1840, a divenire improvvisamente sporadica, quando il musicista viene attratto da altri generi, nei quali, sino a quel momento, non aveva ancora osato cimentarsi.

d) “ebbi improvvisamente il pensiero più atroce…”

Nel 1833 si manifesta la prima grave crisi mentale del compositore. Siamo in settembre e a causa della triste notizia della morte del fratello Julius e della cognata Rosalie, Robert cade in un profondo stato di prostrazione che sfocia poi in una notte drammatica. Ecco a tale proposito cosa scrive nel suo diario:

"Ebbi improvvisamente il pensiero più atroce che un uomo possa concepire, il più terribile con il quale il cielo lo possa punire: il pensiero di perdere la ragione. Esso s’impadronì di me con tale violenza che nessuna consolazione, nessuna preghiera, nessuna burla fu efficace a distruggerlo. Quest’angoscia mi seguì ovunque. Il respiro mi mancò a questo pensiero. Allora, in preda ad un’eccitazione spaventosa, corsi in cerca di un medico, confessandogli che spesso smarrisco lo spirito, che non sapevo più come potesse finire quest’angoscia; che in tale stato di suprema eccitazione, ero sul punto di attentare alla mia vita".

La forte crisi depressiva che lo affligge è superata dopo alcuni mesi, arrecandogli, come unica conseguenza, l’invincibile paura per le abitazioni ai piani elevati e per gli oggetti taglienti, avvertiti come atroci e maniacali tentazioni di togliersi la vita.
In quei giorni l'idea di lanciarsi dalla finestra lo perseguita costantemente; per tale motivo abbandona l'appartamento al quarto piano per uno, meno “rischioso”, al primo.

e) Nasce la nuova rivista musicale

Poco incline alla vita pratica, refrattario alle incombenze, disinteressato al denaro e alla lotta necessaria per affermarsi, Schumann si dimostra ben altrimenti combattivo sotto il profilo squisitamente intellettuale. Passa le serate al Kaffeebäum con lo stesso Wieck e altri esponenti del mondo culturale di Lipsia.
Insieme discutono animatamente sui nuovi orientamenti musicali e contestano con vigore il fatto che l'editoria sia in mano ad un gruppo di conservatori classicisti, che svolgono tale incarico solo come seconda attività. Quei filistei erano poco più che dilettanti, ma imponevano un gusto ormai antiquato, impedendo alla musica romantica di emergere.
Vista la situazione, non restava che fondare una nuova rivista affidata ad artisti competenti e sensibili alle novità dell'universo musicale: “i soli in grado di poter esaminare e quindi giudicare il valore intrinseco di un'opera.”
All'idea aderiscono - oltre a Schumann - Wieck, Schunke, Knorr, Mendelssohn, Wagner ed Hiller. Nasce così la Neue Zeitschrift für Musik (Nuova Rivista Musicale).
Il 3 aprile 1834 sulla testata della rivista viene posta una emblematica epigrafe, ripresa dal prologo dell'Enrico VIII di Shakespeare: "Coloro che vengono qui soltanto per ascoltare una gaia commedia licenziosa e rumore di scudi cozzanti; coloro che vengono qui per vedere un buffone in vesti multicolore, listato di giallo, resteranno delusi nella loro aspettativa".
Si tratta anche di rifondare concretamente la Critica Musicale: “non più fredde analisi tecniche, ma un gioioso immergersi nel sentimento dell'opera, per restituirne l’essenza spirituale più autentica all’ascoltatore.”
Robert è l'animatore principale della rivista, nella quale s’immerge completamente con una dedizione straordinaria, ricreando una sua personale galleria di maschere.

f) I fantasmi di Schumann

Personaggi, maschere, o meglio, fantasmi fuoriusciti dal suo animo tormentato si materializzano di colpo: dall'impetuoso “Florestano” all'introverso “Eusebio”, al saggio e misurato “Maestro Raro” e a molti altri ancora; tutti tesi a rappresentare gli aspetti più intimi di una complessa, variegatissima personalità, che salta in maniera vertiginosa da uno stato caratteriale all'altro.
Gli articoli vengono firmati ora da una, ora dall'altra di queste misteriose figure, secondo l’esprìt del momento.
Schumann si sdoppia in atteggiamenti e personalità assolutamente differenti, negli scritti critici come nei componimenti musicali. L'instabilità psicologica del compositore trova in questo stratagemma un utile espediente per dar sfogo alle diverse, inconciliabili voci del suo mondo interiore.
La rivista cerca, infine, di attuare un recupero della passione letteraria: i brani critici ivi contenuti si pongono essi stessi come arte; arte generata per simpatia dell'opera musicale presa in esame.
Dopo la crisi depressiva del 1833, la frenetica attività saggistica e creativa, che caratterizza l'anno seguente, rappresenta solo una palese reazione attraverso la quale il musicista si difende dall'angoscia "di perdere la ragione".
I suoi lavori sono peraltro apprezzati solo all'interno di una ristretta cerchia di artisti. Mendelssohn, Berlioz e Liszt si esprimono favorevolmente su di essi, anche, se almeno per ora, il musicista di Zwickau appare, al cospetto del mondo che conta, più un critico originale che un promettente musicista.
In quegli anni si va rafforzando la sua amicizia con Mendelssohn, da poco chiamato alla prestigiosa direzione dei concerti del Gewandhaus di Lipsia. Quest'ultimo aveva all’epoca già raggiunto, nonostante la giovane età, una vasta popolarità in tutta Europa.
Cresciuto in un ambiente colto a Berlino, Mendelssohn aveva viaggiato molto ed era autore di composizioni ben accolte nel mondo musicale tedesco (e non solo). Ad appena ventisei anni diviene poi la figura dominante della vita musicale lipsiense. Al suo confronto, Schumann si sente piccolo e sprovveduto: "Io contemplo Mendelssohn come una cima elevata alla quale aspirare. Per me è veramente un Dio".
La sua musica così misurata, serena, solare, risulta peraltro troppo lontana dai toni appassionati e malinconici di quella di Robert.


g) Il primo amore, i primi capolavori: ecco Clara

Il 1835 è l'anno del primo amore di Schumann: Ernestine Von Fricken, una graziosa ragazza boema, anch'essa allieva di Wieck. Il musicista la idealizza oltre misura, attribuendole una purezza ed una profondità di sentimenti esagerate. Le dedica il Carnaval op. 9, variazioni su quattro lettere (ASCH), presenti nel nome del compositore e che tra l’altro, indicano proprio il luogo di nascita di Ernestine.
Un evidente richiamo al loro legame, stava dunque alla base dell'ispirazione da cui scaturiva questa stupenda galleria di ritratti musicali: sintesi del mondo ideale del musicista.
Sfilavano così i fantastici personaggi creati dalla sua mente e intrecciati con l’idealizzazione dei compositori più amati: Florestano, Eusebio, Estrella (Ernestina appunto), Chiarina (Clara, il futuro amore) e poi Chopin, Paganini. L'opera si chiude con un'energica marcia della Lega di Davide contro i filistei. Il Carnaval non è altro quindi che la trasfusione musicale del programma estetico posto alla base della rivista da lui fondata l’anno precedente.
Gli Studi Sinfonici op. 13 appartengono anch’essi allo stesso periodo e sono, ancora una volta, ispirati dalla passione amorosa per Ernestine. Il tema principale del lavoro, articolato in forma di variazioni, è ripreso da un'idea del padre della ragazza, il Barone Von Fricken, musicista dilettante ma di sicuro talento.
D’altro canto, l'infatuazione per la compagna di studi non dura più di un anno; all'inizio del 1836, Schumann le scrive avvertendola di sentirsi libera da ogni legame sentimentale con lui. Nel frattempo, in lui sta nascendo un amore più profondo: quello per Clara Wieck. Già il ritratto di Chiarina nel Carnaval anticipava con premonitrice lucidità la futura passione che sarebbe sbocciata di lì a poco.
Come sarebbe accaduto altre volte, la musica di Schumann non solo si rivela strettamente legata alla sua vita, ma ne preannunzia eventi e scelte future. La figlia di Wieck, pianista di grande talento aveva a quell’epoca appena quindici anni; Robert l'aveva vista crescere, aveva familiarizzato con lei bambina ed ora ne era irrimediabilmente attratto. L'infanzia era uno dei miti romantici da lui più sinceramente sentiti, in quanto età della purezza, capace di cogliere verità sconosciute all'età adulta, quella sì talora compromessa con le volgarità della vita quotidiana. E proprio l'infanzia troverà sublimazione musicale in due mirabili lavori pianistici: le Scene Infantili op. 5 e l’Album per la Gioventù op. 68.

h) “la tua immagine radiosa si libra…”

L'invadente papà Wieck è terribilmente geloso della figlia, che vorrebbe si dedicasse ad un luminoso futuro da concertista e non ad un compositore, per giunta “mediocre”; egli si oppone con tutte le forze ad una loro possibile unione, obbligando la ragazza a lunghe tournèe concertistiche, pur di tenerla lontana da Schumann.
Inizia così un intenso epistolario clandestino, in cui la forzata lontananza dei due innamorati si accende di enfasi e passione. A ciò va’ aggiunta la morte della madre di Robert nel febbraio del 1836. La confidente più preziosa lo lasciava dunque solo, alimentando ancor di più il desiderio di consolidare a qualunque costo il legame con Clara.
In quei terribili giorni egli scrive a Clara, bloccata a Dresda: "La tua immagine radiosa si libra al di sopra di queste tenebre e mi aiuta a sopportare tutti i miei dolori (...) Tuo padre ritirerà forse la mano, quando gli domanderò la sua benedizione? E' probabile che avremo molto da fare, molto da spianare, prima di giungere alla felicità, ma ho fiducia nel nostro buon genio. E' il destino che ci ha segnati, affinchè possiamo essere l'uno dell'altra. Io lo sapevo da tempo, solamente non mi ero ancora sentito abbastanza audace per confessarti i miei sentimenti ed essere compreso da te".
Nel giugno del 1836 Wieck riesce a convincere la figlia a rompere il rapporto con il giovane compositore, obbligando Robert a restituire tutte le lettere ricevute.
Clara è sempre più lontana. Ella raccoglie successi in giro per tutta la Germania.
La disperazione e la solitudine del compositore trovano sublime espressione in nuove creazioni, quali la Sonata in fa diesis minore op. 11, il Concerto senza orchestra op. 14 e la Fantasia op. 17: "ciò che ho scritto di più appassionato, un lungo grido d'amore per te".
In quegli ultimi mesi del 1836 egli si sente solo, abbandonato ed incompreso. Agli inizi dell'anno successivo si lascia andare all'illusoria ebbrezza dell'alcool, componendo solo nei rari momenti di sobrietà. Rientra a tarda notte spesso ubriaco e improvvisa al pianoforte, disturbando i vicini di casa. In agosto Robert finalmente rivede Clara. E lei suona per lui a Lipsia proprio la Sonata In fa diesis minore.
Intanto, vengono all luce i Davidsbündlertanze op.6, ideale continuazione dei Papillons e del Carnaval, e i Pezzi fantastici op.12. In entrambe le raccolte lo stato d'animo inquieto e pericolosamente dissociato tra Florestano ed Eusebio, tra slanci entusiastici e ripiegamenti stranianti, si manifesta con pregnante intensità. Il pianoforte di Schumann diviene una sorta di diario intimo che restituisce appieno il suo lacerato mondo interiore.
Dopo il concerto di agosto Robert ritrova quindi Clara. I due si scrivono, chiarendo tutti gli equivoci, le incomprensioni degli ultimi tempi e scoprono nuovamente di amarsi ed appartenersi.
Un’ulteriore richiesta di matrimonio viene inviata all'antico maestro Wieck, che questa volta si dimostra più comprensivo: pur continuando a rimandare ogni decisione definitiva, concede ai due amanti di scriversi e vedersi.

i) Soddisfazioni e delusioni

Nuove soddisfazioni artistiche, intanto, lo incoraggiano. Liszt recensisce assai favorevolmente sulla “Revue et Gazette Musicale de Paris” la Sonata op. 11 ed il Concerto senza orchestra op. 14: un’autorevole conferma che indubbiamente non fa che alimentare l’euforia del musicista.
I dubbi peraltro permangono. La perdurante lontananza di Clara si fa sentire non poco. Eppure, di contro, quello è il momento delle opere più spensierate ed incantevoli: le Scene Infantili, le Novellette e la Kreisleriana.
A Vienna Clara incontra Liszt e gli mostra il Carnaval ed i Pezzi fantastici. Il celebre virtuoso ungherese si mostra ancora una volta entusiasta dei lavori di Robert.
In quello stesso periodo, Schumann decide di tentare una nuova avventura: conquistare il mondo musicale viennese, capitale indiscussa della magica arte dei suoni. La città dove hanno vissuto e lavorato Haydn, Mozart, Beethoven e Schubert. Consigliato e sospinto da Clara, intraprende questa nuova avventura, senza farsi troppe illusioni.
Tuttavia, i viennesi lo deludono profondamente a causa “della loro superficialità”. L’infatuazione per l'operista italiano Gioacchino Rossini non consentiva loro di apprezzare con altrettanto clamore uno sconosciuto compositore di lavori pianistici tanto arditi e al contempo così intimi e sognanti; a Vienna tutto era all'epoca facile melodia, virtuosismo e moda effimera. Schumann è un artista troppo nordico e ripiegato in se stesso, nel suo mondo interiore, per essere compreso ed amato.
D’altro canto, il viaggio non si rivelava del tutto inutile. Nonostante, la delusione provata nel verificare quanto fosse frivolo quel mondo musicale che lui stesso, in tempi non sospetti, aveva apprezzato, Robert trovava proprio lì a Vienna l'ispirazione per scrivere nuovi lavori.
All'inizio del 1839, nascono nuove perle pianistiche: Il Carnevale di Vienna op. 26 e l'Humoreske op. 20, specchi felici della disincantata leggerezza della capitale dell’Impero.

l) La riscoperta di Schubert

Sempre in quella città, Robert incontra Ferdinand Schubert, fratello di Franz, che gli mostra numerosi manoscritti inediti del grande compositore scomparso una decina d’anni prima; Schumann li studia a fondo e vi scopre con meraviglia una sinfonia di ampie proporzioni, non inferiori a quelle della Nona di Beethoven: un affresco sinfonico di portata davvero eccezionale per quei tempi. Schumann la porta con sé e riesce a farla eseguire al Gewandhaus di Lipsia alla fine di quello stesso anno. Si tratta della celeberrima “Grande” sinfonia.
Così egli stesso racconta, con giustificata enfasi, l’episodio del ritrovamento di questo tesoro musicale sulle colonne della rivista:

"Mi fece vedere alcune composizioni (veri tesori!) del fratello Franz, che ancora si trovavano nelle sue mani. La ricchezza che lì giaceva ammucchiata mi fece tremare di gioia; dove mettere prima le mani? Dove fermarsi? Fra l'altro, mi vennero mostrate le partiture di parecchie sinfonie, molte delle quali non erano ancora state eseguite, anzi spesso furono messe da parte, dopo ritoccate, perchè troppo difficili ed ampollose (...) Chissà quanto tempo anche la sinfonia, di cui oggi parliamo, sarebbe rimasta coperta di polvere e nell'oscurità, se io non mi fossi tosto inteso con Ferdinand Schubert d'inviarla a Lipsia alla direzione del Gewandhaus".

m) Premonizioni, dolori e difficoltà economiche

La fine del soggiorno viennese “regala” al compositore tedesco altri momenti difficili; negli ultimi giorni di marzo egli è preda di ossessive premonizioni, sotto l'influsso delle quali componeva i Nachtstücke (Pezzi notturni) op. 23, inizialmente intitolati "Fantasia Funebre". In questi pezzi Robert riversa i contenuti delle sue visioni più tragiche: bare, cortei funebri, uomini disperati.
In aprile lo coglie improvvisa la notizia che il fratello Eduard è gravemente malato. In seguito racconterà a Clara, che mentre viaggiava verso Lipsia aveva udito un corale funebre intonato da alcuni tromboni; aveva poi appreso che proprio in quel momento suo fratello stava spirando. Era certo un’ulteriore testimonianza delle doti sensitive che Schumann svilupperà ancor di più negli ultimi anni della sua vita e che ne fanno, a posteriori, comprendere meglio la complessa natura psicologica e il carattere visionario della sua musica.
La stessa Clara lo ferisce chiedendogli di prendere il posto del fratello morto nella libreria paterna, così da poter assicurare una certa rendita finanziaria e quindi anche il suo futuro di concertista. Tramite un'amica, gli fa anche sapere, che per dedicarsi seriamente alla sua vocazione di virtuosa non avrebbe potuto dare più di un'ora di lezione al giorno; troppo poco per sperare di offrire un valido contributo alle spese di una futura famiglia. Il miglior modo di soddisfare i legittimi desideri di Wieck doveva quindi essere, a quel punto, quello di prendere per sempre il posto del defunto fratello Eduard nella libreria paterna.
Quest'ultima, d’altro canto, appare subito una mossa infelice da parte di Clara: ella conosce, infatti, troppo bene il talento creativo di Schumann, per poterlo di colpo relegare in un ruolo subalterno. Robert ne rimane abbastanza turbato. A maggio chiede nuovamente a Wieck la mano di Clara, non ricevendone in cambio alcuna risposta. A quel punto non resta che interpellare la Corte d'Appello, mentre Clara, d'accordo con lui, si trova a Parigi.
Schumann, deciso ad andare fino in fondo è rimasto, praticamente, da solo a lottare contro di lui. Quest’ultimo è pronto ad usare ogni argomento ed ogni calunnia, pur di non perdere la figlia.
Ed è in tale delicata e al contempo angosciosa situazione che egli prevede quasi profeticamente il suo difficile e tragico destino: "Entro nel mio ventinovesimo anno; senza dubbio la maggior parte della mia vita è dietro di me. Non vivrò molto a lungo, lo so con certezza: quello che ho dovuto subire per te, le mie grandi sofferenze mi hanno straziato. Ma sarai proprio tu a darmi la guarigione e la pace".
Al processo Wieck lo accusa incredibilmente di alcolismo e scarso equilibrio mentale.
Schumann è stanco di lottare, oltre che profondamente prostrato dall'amarezza; dopo il ritorno da Vienna non compone più nulla per circa un anno.
Nel 1840 torna finalmente a scrivere musica, ma non è certo il pianoforte a rivestire il ruolo di protagonista: "Ti meraviglierai di tutto quello che ho scritto durante la tua assenza – scrive a Clara - non sono pezzi per pianoforte, ma non voglio ancora rivelartene il contenuto".
Si avverte in queste frasi la gioia per l'ispirazione ritrovata e per l'ampliamento dei suoi orizzonti musicali. E' l'anno dei cicli liederistici: nascono di getto i Liederkreis su testi di Heine, Myrten ed ancora altri Liederkreis, su testi questa volta di Eichendorff, Frauenliebe und-leben su poesie di Chamisso e Dichterliebe (Heine).
Nel lied la semplice, intima cantabilità di Schumann trova uno sbocco naturale nel quale rinsaldare l'antica passione per la letteratura e l'estro creativo: "Che felicità divina scrivere per il canto! Per troppo tempo me ne ero privato".

n) Il matrimonio con Clara

Intanto, nell’agosto di quell’anno il Tribunale di Lipsia si esprime a favore di Robert e Clara. In settembre i due si sposano, ponendo fine alla lunga e tormentata querelle familiare. L'esistenza di Schumann acquista da quel momento un carattere più sereno ed equilibrato.
La vicenda amorosa vissuta dai due - proprio per le sue vicissitudini - risulta ancora oggi, a posteriori, tra le più emblematiche del Romanticismo.
La vita degli Schumann procede in modo tranquillo, come si evince dalle solerti annotazioni riportate sul diario domestico (Haushaltbüch) che i coniugi si alternano settimanalmente a scrivere. "Noi godiamo di una felicità domestica che non avrei mai potuto immaginare. – scrive Clara - Compiango quelli che sempre la ignoreranno! Ogni giorno scopro il tesoro di poesia che è in lui ed ogni giorno l’amo di più."
Parole lontane da quelle con cui Clara invitava Robert a limitarsi all'attività di libraio. Nel 1841 nasce la loro prima figlia: Marie.
In quello stesso periodo Robert fa conoscere a sua moglie la musica di Bach (Il Clavicembalo ben temperato) e di Beethoven (le Sonate per pianoforte).
Intanto, egli non si risparmia mai nel trasmetterle le passioni letterarie di sempre: da Richter a Byron, da Shakespeare a Tieck. Questo è poi anche l'anno della prima sinfonia. Esaurita ormai l'ispirazione liederistica, che l’aveva condotto alle composizioni di numerose raccolte, egli si accosta all'impegno più arduo della sua carriera: la sinfonia. Un isolato tentativo c'era già stato nel 1832, ma poi Schumann aveva compreso di non essere ancora all'altezza del compito.
Dopo le mirabili sinfonie di Haydn, Mozart e Beethoven non ci si poteva dedicare a cuor leggero ad un genere così improbo. Ma Schumann, a 31 anni compiuti, avverte che quel momento è finalmente arrivato.
"Ho la tentazione di distruggere il mio pianoforte: è diventato troppo angusto per contenere le mie idee. Ho davvero ben poca esperienza in fatto di musica orchestrale, ma non dispero di acquisirne."
La Prima sinfonia (intitolata alla “Primavera"), diretta in prima esecuzione alla Gewandhaus di Lipsia dall'amico Felix Mendelssohn-Bartholdy, viene subito accolta dal pubblico con un successo caloroso. Schumann scrive di seguito una Fantasia sinfonica in re minore, che invece non è altrettanto apprezzata. Il compositore la mette da parte in attesa di tempi migliori (diventerà la sua futura Quarta sinfonia).
Egli compone in quello stesso periodo anche una Fantasia per pianoforte e orchestra che quattro anni più tardi confluirà nello stupendo Concerto in la minore per pianoforte, capolavoro assoluto della sua maturità artistica.
Nel 1842, Clara riprende le sue tournée concertistiche. Robert la segue a Weimar e a Brema, ma poi si sente quasi un pesce fuor d’acqua, accorgendosi che tutto questo vagabondare gli ruba tempo prezioso per la composizione.
A quel punto decide di separarsi temporaneamente dalla moglie attesa per un concerto a Copenaghen. E’ un segnale importante. Almeno nel contesto di una difficile ricomposizione sotto lo stesso tetto di due carriere solo apparentemente similari, ma che comportavano ovviamente impegni talora inconciliabili.
Così Schumann scrive a questo proposito: “La separazione mi ha di nuovo fatto sentire la mia strana situazione. Devo io dunque sacrificare il mio talento per servirti da turiferario? E tu devi sacrificare il tuo perché io mi sono legato alla rivista e al pianoforte? Sino a che tu sarai forte e giovane noi avremo trovato una via conciliativa. Tu hai preso una dama di compagnia, io sono ritornato a nostra figlia e al mio lavoro. Ma che dirà il mondo? E’ questo che mi tortura (…)”
E’ evidente come dalle parole di Schumann venga fuori un disappunto amaro e rassegnato. Egli ha al suo fianco un’autentica artista. Una delle più amate pianiste dell’Ottocento. Non di rado, alle cene ed ai ricevimenti che seguivano i concerti, egli si sentiva addirittura domandare: “Anche lei si occupa di musica? ”
Tornato a Lipsia, Robert affronta con nuovo slancio creativo un campo da lui non ancora esplorato: la musica da camera. In soli due mesi scrive i tre Quartetti per archi op. 41, cui seguiranno a breve distanza il Quartetto per pianoforte ed archi op. 47 e il bel Quintetto per pianoforte ed archi op. 44.
Nel 1843 Clara regala a Robert un’altra figlia, mentre è completamente immerso in un’altra fatica creativa ancor più complessa ed ambiziosa delle precedenti. Si tratta di un oratorio profano tratto da un lavoro letterario di recente pubblicazione: Lalla Rookh di Thomas Moore. A più riprese, egli dubita di farcela. Ma alla fine arriva in fondo al suo lavoro e Il Paradiso e la Peri (questo il titolo dell’oratorio) viene eseguito al Gewandhaus di Lipsia e successivamente a Dresda in dicembre, riportando un successo significativo. Il più lusinghiero della sua carriera creativa.
Lo stesso Wieck, dopo anni di cinica freddezza, tenta una riconciliazione con il genero, finalmente “baciato” da un momento artistico più favorevole, scrivendogli:

“Tempora mutantur et mutamus in eis; non possiamo più restare stranieri l’uno all’altro di fronte a Clara e al mondo. Voi ora siete padre di famiglia…Perché litigare ancora? In arte noi siamo sempre stati uniti. Io sono il vostro professore e fu il mio giudizio che ha determinato l’orientamento della vostra carriera. Voi non potete dubitare della stima che io nutro per il vostro talento e le vostre autentiche aspirazioni. Con gioia vi attendo a Dresda”.


o) La pace con Wieck

Robert accetta, di buon grado, le scuse dell’anziano Wieck e le antiche e astiose polemiche sono in questo modo sedate del tutto.
Intanto, in quel di Lipsia, Mendelssohn è considerato, a pieno titolo, il successore di Beethoven; il pubblico adora le sue composizioni e lo elogia come direttore d’orchestra.
Nel 1844, costretti da improrogabili problemi finanziari (la buona accoglienza dell’oratorio non si era, purtroppo, tramutata nell’agognato successo economico) gli Schumann si recano in Russia per una serie di concerti. Robert accompagna Clara nelle esibizioni a Riga, Pietroburgo e Mosca, dove tra l’altro esegue molta musica del marito; a Schumann invece è concessa l’opportunità di dirigere la sua Prima Sinfonia.
Dopo cinque lunghi mesi (siamo nel maggio del 1844) i coniugi tornano a Lipsia, dove l’amico Mendelssohn sta per lasciare la città e la direzione del Gewandhaus.
Le autorità affidano la direzione del prestigioso sodalizio al danese Niels Gade, musicista dal valore ampiamente riconosciuto, ignorando peraltro analoga domanda inoltrata da Robert per ottenere lo stesso incarico.
L’episodio rattrista e deprime oltremodo il compositore tedesco. Egli decide così di lasciare una città che lo ha evidentemente tenuto in scarsa considerazione e cede persino la direzione della sua rivista, trasferendosi con la famiglia a Dresda.

p) Gli Schumann a Dresda

Capitale della Sassonia, considerata da molti la Firenze del nord Europa, Dresda era una città ricca di stupendi palazzi rococò, piazze, monumenti, strade eleganti e il suggestivo vecchio ponte sull’Elba; tutti “soggetti” che trovarono, a quell’epoca, degna collocazione artistica nei quadri di Bernardo Bellotto, nipote del celebre Canaletto. D’altro canto, all’aspetto aristocratico della città sassone, non si affiancava una vita musicale abbastanza vivace. Lipsia, da questo punto di vista, era certamente di un altro pianeta.
Schumann fonda anche qui, come a Lipsia, un circolo di artisti e pensatori al quale partecipa Richard Wagner, che in quegli anni era maestro di Cappella del Teatro di Corte. Entrambi diventano gli autentici innovatori culturalmusicali di una città dominata anch’essa (come Lipsia) dai…“filistei”.
All’epoca Wagner, mirava ad una progressiva aggregazione di tutte le Arti – dal teatro alla letteratura, dalla poesia alla musica – attraverso una sorta di metafisica catarsi che ne costituisse il sublime superamento. Schumann, dal canto suo, era invece ripiegato nella sua interiorità espressiva e poetica, alla quale il suo linguaggio musicale risultava funzionale ed imprescindibile.
Il disaccordo fu immediato ed inevitabile; se la freddezza dell’operista era prevedibile, stupiva invece l’identico atteggiamento di Schumann, che seppure lontano da Wagner come musicista, avrebbe dovuto immediatamente comprenderne il notevole spessore, da sensibile critico qual era.
Critico che, tra l’altro, aveva saputo individuare le doti geniali di Chopin, sin dalle acerbe Variazioni op. 2, così come intuirà in seguito lo strabiliante talento del giovane Brahms.
E’ evidente che Robert fosse più portato ad apprezzare le doti artistiche di coloro che più si avvicinavano alla sua poetica, piuttosto che di quelli che come Wagner se ne discostavano.
Egli si limitava ad esprimere un superficiale giudizio sul musicista di Lipsia, ritenendolo parente lontano “dello stile artificioso e magniloquente di Meyerbeer”. Giudicava inoltre addirittura dilettantesca e sgrammaticata la partitura del Tannhäuser. In seguito, peraltro, ascolterà più volte quella stessa opera in teatro e sarà costretto a ricredersi.
Le stesse prove in campo operistico e oratoriale dello Schumann più maturo (vedi Genoveva e le Faust Szenen tratte da Goethe) non potranno non prescindere dall’estetica musicale wagneriana.
Anche sotto il profilo squisitamente ideologico, i due erano abbastanza diversi: il primo s’interessava poco di politica e comunque disapprovava ogni ideologia rivoluzionaria, apportatrice – a suo dire - di disordini sociali; il secondo, all’opposto, era promotore d’idee anarchiche e seguace entusiasta di Bakunin (Wagner prenderà parte, com’è noto, in prima persona ai moti rivoluzionari di Dresda nel 1849, al fianco di quest’ultimo).

q) Nuovi disturbi nervosi

In quello stesso anno tornano a tormentarlo nuovi disturbi nervosi e gravi crisi depressive. Il suo medico si esprime così sullo stato di salute di Schumann:

“Allorchè egli si occupa di cose intellettuali, appaiono dei tremiti ed uno stato ansioso che culmina in uno strano terrore della morte, che si manifesta attraverso il timore che gli ispirano le sommità, gli appartamenti situati ai piani elevati, tutti gli strumenti di metallo, anche le chiavi.”

Questo stato di salute si trascina sino agli inizi del 1845 quando Robert scrive: “Giornata penosa. Peggioramento. Mi sento miserabile e malinconico. Crisi di nervi violenta…Di nuovo forte depressione nervosa.”
Da quel momento i terribili sintomi del male, che l’avrebbe portato alla paralisi generale degli arti e alla follia conseguente non lo abbandoneranno più.
Robert si sente ormai stanco, spossato ed incapace di sforzi prolungati. Passano gli anni e dopo un periodo abbastanza sterile dal punto di vista creativo, nel quale compone dopo approfonditi studi bachiani solo alcune Fughe per organo e pianoforte, egli riesce a completare il Concerto per pianoforte e orchestra in la minore – parziale recupero della Fantasia del 1841 - e la Seconda Sinfonia.

r) In viaggio

Siamo a cavallo tra la fine del 1846 e gli inizi del 1847, quando gli Schumann sono nuovamente in viaggio. Clara suona le musiche del marito, mentre lui dirige la sua nuova sinfonia a Vienna, Praga e Berlino. La Vienna musicale che aveva tributato calde accoglienze molti anni prima a Clara, si mostra adesso insensibile e indifferente nei suoi confronti. Incapace di comprendere la sua musica intima e confidenziale, mentre nella capitale austriaca impazza l’opera di Meyerbeer e degli operisti italiani.
Pertanto, le esecuzioni del Quintetto op. 44, del Concerto per pianoforte e orchestra op. 56 e della Prima Sinfonia si tengono dinanzi a sale semivuote. La forte delusione viennese è comunque compensata dal successo senza riserve, ottenuto a Brno e Praga.

Sempre nel 1847 la nativa Zwickau dedica a Schumann un intero festival. Per Robert si tratta di una soddisfazione enorme: il primo autentico riconoscimento tributato a lui ed alla sua musica.
Intanto però i periodi di depressione, gli accessi di malinconia e la sopraggiunta difficoltà nell’articolazione della parola risultano presenze praticamente costanti nell’esistenza di Robert, costringendolo ad una comunicazione più rarefatta ed intermittente con il mondo esterno.
Il 1847 è anche l’anno della sua unica opera lirica. Un nuovo sogno anima adesso il musicista: comporre un lavoro teatrale come il Fidelio di Beethoven o il Franco Cacciatore di Weber. Un’opera che si opponga alla “cattiva e volgare” musica teatrale dilagante in Italia e che aveva avuto una così deleteria influenza anche in Germania (l’acerrima allusione è rivolta evidentemente ai famigerati melodrammi di Meyerbeer).
In gioventù Schumann aveva accarezzato l’idea dell’Amleto e dell’Odissea come soggetti per un’opera. Adesso però decide per un racconto medievale sicuramente meno impegnativo, ma assai in voga in quel periodo: la leggenda di Genoveva di Brabante, già centrale nei lavori letterari di Hebbel e Tieck. E proprio da quei testi l’amico e pittore Reinick trae un libretto per l’opera, al quale Robert lavora l’anno seguente insieme con i primi due trii.
La Genoveva doveva essere eseguita nel 1848 a Lipsia, ma, ironia della sorte, volle che le fosse preferito il Profeta di Meyerbeer (opera, guarda caso, tra le più deprecate dallo Schumann-critico). La sua opera andrà in scena solo due anni dopo e con appena tre repliche, ottenendo per giunta un tiepido successo e nulla di più. D’altronde, il lavoro - seppure di buona fattura - risente di una certa discontinuità espressiva, lasciando interdetto il pubblico di Lipsia.
Dopo aver scritto alcune ouvertures, rimaste peraltro a sé stanti, senza un effettivo seguito che faccia presagire la creazione di nuove opere, Schumann compone le musiche di scena per il Manfred di Byron: un poema caratterizzato da un esasperato romanticismo.
Per realizzare questo ennesimo progetto egli sceglie una via differente: non un melodramma, bensì alcuni brevi interventi sinfonici e corali, che sappiano avvolgere il testo e ne sottolineino intelligentemente le qualità drammaturgiche.
Egli ritorna dopo molti anni anche al pianoforte, dedicandogli due opere notevoli: L’Album della gioventù e le Scene del bosco.
Nel 1849 la rivoluzione che sta scuotendo mezza Europa giunge sino a Dresda; Wagner non esita a combattere per le vie della città al fianco di Bakunin, con lavoratori e studenti: gesto che gli costerà un lungo esilio a Zurigo.
Schumann, coerente con la sua natura non violenta e disinteressata ai dibattiti politici, si rifugia invece in un paesino di campagna, Kreischa, almeno fino a quando l’ordine non viene ristabilito dalle truppe governative.
Nonostante i disordini sociali per lui si tratta di un anno fecondo, ricco di composizioni interessanti come i due Konzertstück (l’uno per pianoforte e l’altro per quattro corni e orchestra), alcuni lavori cameristici per clarinetto, per oboe, e soprattutto il grandioso oratorio profano Faust, su testo di Goethe: opera di proporzioni notevoli, iniziata già cinque anni prima e che lo impegna ancora per un decennio, rimanendo, peraltro, irrisolta. E ancora: il delicato Requiem per Mignon ed un ciclo di Lieder dedicati a Wilhelm Meister. Egli vive in quell’anno l’ultimo periodo di autentica felicità creativa, prima degli anni bui della terribile sofferenza fisica e psichica.

s) Schumann a Düsseldorf

Nel 1850 la città di Düsseldorf gli offre l’incarico di dirigere i concerti “Temporali e spirituali” della Società Corale. All’età di quarant’anni, Schumann ottiene finalmente un incarico musicale stabile ed autorevole. Eccolo quindi lasciare Dresda per recarsi in quella città.
Dopo un primo periodo sereno e soddisfacente per l’incarico ricevuto, nel quale tra l’altro compone le ultime due sinfonie ed il toccante concerto per violoncello e orchestra, nuovi problemi si accavallano anche a Düsseldorf.
Schumann non è infatti un buon direttore d’orchestra, non avendo il carisma, l’autorità di altri colleghi; né possiede la necessaria esperienza, avendo diretto in passato solamente propri lavori.
Il figlio Eugenie scrive a tale proposito: “Mia madre racconta che l’opera musicale in corso lo assorbiva al punto che egli dimenticava completamente chi gli stava intorno e persino i musicisti in attesa di un suo gesto con gli occhi levati verso di lui”.
Dissidi infernali scoppiano ben presto con gli orchestrali, il pubblico e le autorità cittadine. Tutto questo fa precipitare Robert in un nuovo stato depressivo, accompagnato dal morboso interesse per lo spiritismo; interesse corroborato da allucinazioni e visioni che popolano continuamente la sua mente in quei momenti bui.
Nel 1853 il musicista passa molto del suo tempo ad interrogare le entità evocate durante le sedute spiritiche, nelle quali coinvolge persino i figli. La moglie Clara è ormai abituata a vederlo impegnato in questi dialoghi con l’aldilà: “Robert è incantato da questa forza miracolosa; – scrive Clara – è tutto felice ogni volta che riesce a far muovere il tavolo. Dopo che ha iniziato si sente subito bene e piacevolmente eccitato”.
Preso da questi misteriosi incontri ravvicinati con spiriti (e quant’altro), Schumann inizia progressivamente ad abbandonare l’attività di compositore. Inoltre, sempre più frequentemente, si fa sostituire dall’assistente Tausch nella direzione dei concerti.
Il comitato, alla fine di un periodo davvero penoso per lui, decide di non rinnovargli l’incarico sostituendolo con Tausch, nonostante l’esecuzione della Quarta Sinfonia riporti un ragguardevole successo.
Quello stesso anno Schumann incontra il celebre violinista Joseph Joachim ed il giovane Brahms, allora solo ventenne, nel quale, ascoltandolo al pianoforte in alcuni suoi lavori, intravede il suo degno continuatore ed il futuro astro della musica tedesca. Testimonianza formidabile di quell’episodio, è offerta dal celebre articolo Vie nuove, dove egli dichiara con lucida enfasi le impressioni suscitategli dal promettente pianista e compositore amburghese.
Per l’anniversario di matrimonio di quell’anno, Schumann scrive il Concerto per violino e orchestra dedicato all’amico Joseph Joachim ed i Canti dell’alba per pianoforte.

t) La fine

Su queste ultime opere si spegne, o meglio, si chiude per sempre la parabola creativa del grande compositore. Ed è significativo come essa si chiuda proprio nel segno del pianoforte. Proprio da dove il musicista di Zwickau aveva iniziato venticinque anni prima i timidi approcci con la composizione.
Il 1854 è l’anno dello smarrimento psichico più radicale: in febbraio i disturbi si fanno più frequenti. Ogni rumore viene percepito come suono o addirittura musica proveniente da zone remote e sconosciute della casa. Robert vive tutto questo con un’ansia sfibrante e febbrile.
Clara scrive: “Nella notte tra venerdì e sabato Robert soffrì talmente di un’affezione all’orecchio che non potè dormire affatto. Egli intese di continuo un unico suono (…) soffre atrocemente! Qualsiasi rumore suona per lui come musica! Dice che è una musica così splendida e con strumenti di un suono così meraviglioso, come di simili non s’intendono sulla terra”.
I giorni seguenti non fanno che peggiorare una situazione già assai precaria. Le visioni deliranti e i turbamenti più dolorosi si moltiplicano ogni notte. Il 25 febbraio Schumann prende la sua roba dicendo “di voler andare in una casa di alienati, non era più padrone di sé e non poteva rispondere di ciò che stava per fare” (Clara Wieck).
Il 26 febbraio Robert si getta nelle gelide acque del Reno, cercando di porre fine allo strazio di quei terribili giorni ed alla follia che si è ormai impadronita della sua vita. Salvato da due pescatori, egli implora di essere rinchiuso in una casa di cura per malati di mente.
Il 4 marzo Clara è costretta ad internarlo nel manicomio di Endenich nei pressi di Bonn, dove Robert trascorre gli ultimi due anni della sua vita, assistito saltuariamente dalla stessa moglie, da Joachim e da Brahms. In quello stesso luogo muore il 29 luglio del 1856.

1 Comments:

At 6:33 AM , Blogger Alessandro Romanelli said...

possibile che non ci sia ancora nessun commento a questo capitolo?

 

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